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01/2011 Intervento medico

Nota G.C.:
In Burkina Faso ho vissuto una bellissima esperienza umana e medica. Gli abitanti ovvero i “Burkinabè” sono persone cordiali, socievoli e ospitali. Colpisce il sorriso sempre presente sui loro volti. Ricordo in particolare Padre Joseph, il parroco che ci ha ospitato nel dormitorio della sua parrocchia, sempre prodigo nell’aiutare i bisognosi, tanti, che gli si rivolgevano. Purtroppo questa generosità non sopperisce ai grossissimi problemi sanitari riscontrati: malaria, enteriti in bambini malnutriti, parassitosi intestinali, infezioni respiratorie e meningite determinano un elevato tasso di mortalità infantile compensato solamente da un altrettanto elevato tasso di natalità.
La diffusione delle malattie è amplificata dalle pessime condizioni igieniche e dall’altissima densità di popolazione presente nella capitale.

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Il medico in Burkina Faso deve tenere in considerazione l’HIV, diffuso anche per motivazioni culturali, come la poligamia con promiscuità di rapporti sessuali non protetti. Il dato epidemiologico di incidenza di sieropositività deve essere tuttavia confermato, anche alla luce di recenti studi che ne indichino il valore effettivo nella popolazione. E’ necessario uno studio epidemiologico su un campione ampio e variegato, che comprenda anche quella parte di polazione rurale o nomade, non censita, che difficilmente accede alle cure e agli screening medici. La comprensione della reale incidenza del problema permetterebbe una politica sanitaria mirata, soprattutto in ambito pediatrico per la trasmissione verticale dell’HIV.
La scarsissima presenza di medici è, attualmente e per quanto possibile, sopperita dalla forza di volontà e dallo spirito di sacrificio di personale paramedico locale, di ostetriche ed infermieri.
Per far fronte alle problematiche sanitarie descritte, è necessario che quanti più medici si rechino a turno in questi luoghi per svolgere un’attività umanitaria costante, faticosa ma ricca di soddisfazione.  
 
Giuseppe Cannalire

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Nota G.B.:
Io ed il collega pediatra Giuseppe, abbiamo valutato e visitato varie centinaia di persone e riscontrato problemi sanitari di rilievo; per contro noto brevemente che l'ipertensione (in Italia oltre il 20% della popolazione) e quasi inesistente, la glicemia su popolazione adulta, nella campionatura eseguita è risultata sempre normale, nessun diabete è stato rilevato almeno alla glicemia (in Italia 5% della popolazione adulta).
Le anticipazioni sul da farsi, forniteci prima di partire per l’Africa sono modeste, e dunque la preparazione a casa è fondata su raccolta di dati e aspettative che in parte si riveleranno distorte. Mi spiego, ho studiato in mesi di attesa, tutto il materiale documentaristico sanitario utile, e devo riconoscere, onore al merito, che nei siti OMS, alle voci Tropical desease e Neglected T. D, c’è materia più che sufficiente per rispondere da medico ai problemi incontrati. Insomma, la documentazione non è mancata, ma i dati della rete non sono sufficienti, e nulla può sostituire la esperienza dal vivo. In Italia dispensario significa Luogo in cui si curano con dispensa gratuita di farmaci, alcune patologie a carattere sociale (nel passato la tbc). In Africa il termine intende egualmente Luogo dedito a attività sanitaria, con vocazioni multiple, e dunque non solo patologia specifica tubercolare. In Burkina, ad esempio a Ouagadougu (la capitale a 20 km da Bissighin), esistono dispensari per il paludismo (malaria), aids, e patologie invalidanti croniche. Pur con due infermiere burkinabé addestrate, nei primi due giorni è stato problematico comprendere il lavoro e la sua organizzazione. Ossia, il Paziente che si presenta, esprime il problema, con il solo riferimento dei disturbi. L’infermiere in genere raccoglie solo il dato sintomatico, (febbre, cefalea, tosse, dolore addominale, vomito, diarrea, ecc) , raramente visita (stetoscopio, sfigmoman. e palpazione manuale)e orienta le sue decisioni terapeutiche per prassi consolidata, per Empirismo, sulla diagnosi più semplice e conveniente, e conseguente prescrizione di farmaci. Il tutto funziona, senza il medico. Non è facile in due, tre giorni ricondizionare il proprio comportamento professionale di 35 anni a tale metodologia che del resto risulta obbligatoria. Mi spiego meglio, nei primi giorni ho avanzato richieste di riscontro diagnostico con qualche pretesa di esami di lab., e radiologici. Il risultato, ottenuto solo per pochi Pazienti, è stato da loro ben pagato; in un sistema Sanitario dove nulla è gratis (solo le cure per Aids nei dispensari preposti), una Rx del fondo schiena costa 8000 CFA, cioè 5 giornate di lavoro per un burkinabé, un esame di laboratorio singolo costa 1 o 2 giornate di lavoro dipendente. E’ evidente che la popolazione che fa riferimento al dispensario non è in grado di pagare la diagnostica, dunque ho dovuto in fretta imparare che non serve chiedere accertamenti e la decisione terapeutica deve farne a meno.

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In tali condizioni, il medico occidentale può passare qualche piccolo insegnamento, di clinica, di semeiotica e strumentale e altro, utile all’infermiere e capace di allargare gli orizzonti culturali di una professione altrimenti ridotta all’essenziale. Ho visto la curiosità delle due operatrici, nel rilevare ad esempio lo struma tiroideo, qui frequente, o ancora davanti a una paresi facciale, altrimenti ignota, e alla atassia da neuropatia periferica, fino al momento prima considerata e trattata per ‘’circulation,, con farmaci vasoattivi, purtroppo inutili. Insomma, credo che il potere di chi per sua fortuna ha più studiato consista proprio nel passare, con onestà e modestia, le conoscenze a chi ne ha meno, senza con ciò creare subordinazione o men che meno indurre scimmiottamento del comportamento occidentale. Occorre riorganizzare qui, a mio avviso, la gestione della farmacia, garantendo la presenza minima del prontuario OMS, con istruzioni chiare all’operatore nella gestione e accaparramento in economia dei materiali di consumo, senza le dispersioni che caratterizzano la cattiva contabilità. Occorre attrezzare come richiesto (consigli avuti nel confronto con il Pr. Salvatore Pignatelli dell’H. Camilliano di Ouaga) uno spazio minimo per la cura intensiva (quando occorre), con letto e strumentario minimo per reidratazione d’urgenza e laboratorio minimo (Ad esempio, Rapid test per malaria, Lab. Urine minimale, e attrezzature strumentali gestibili dall’infermiere nei minimi termini). Occorre insegnare e consegnare al personale locale le istruzioni minime, per le funzioni pretese dall’ente ufficiale. Non sto proponendo una pessima imitazione delle unità sanitarie occidentali, ma esprimo le possibili soluzioni, migliori tecnicamente e economicamente, per chi ad oggi non ha di meglio.

Guido Baldelli

Supporto economico A.P - T.P.

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